Nella rubrica storie e racconti presentata nel primo articolo ci siamo posti delle domande e ci siamo dati anche alcune risposte.
Nel secondo articolo della rubrica storie e racconti del progetto SOS tata coach “La vita è troppo breve per essere infelici al lavoro” le storie dei nostri personaggi hanno visto come sia difficile “allenarsi” a dichiarare i propri bisogni e vivere in piena consapevolezza del benessere in azienda. È il posto dove passiamo la maggior parte della nostra vita, cosa ci impedisce di vivere in gioia, armonia e serenità?
Riporto un breve testo preso dal penultimo articolo in cui descrivo il comportamento di un personaggio Marrytwo, che ha la convinzione di avere un carattere riservato (io le definisco scuse)e ha anche la pretesa che gli altri vedano ed interpretino i suoi pensieri, tanto lui non li dichiara e non intende farlo!
“Analizziamo il comportamento e la sua struttura interna. L’ atteggiamento è quello di chi non vuole dichiarare i propri bisogni, di chi ha un comportamento riservato ma “cova” infelicità, demotivazione, perde amore verso quello che fa e aspetta che qualcosa accade. Vorrei soffermarmi su questo personaggio, Marrytwo che lavora in silenzio ed è convinto che nessuno si accorge di lui.
Questo è un atteggiamento molto diffuso in molte aziende e quasi tutti i team hanno una figura che ripete questo comportamento.
Qui si tratta di mancanza di assertività.
Cosa ci impedisce di dichiarare i nostri bisogni agli altri e fare in modo di negoziare accordi per il nostro benessere, la nostra felicità?
Gli anglosassoni direbbero “Life is too short to be unhappy at work”
La vita è troppo breve per essere infelici al lavoro! Vero. Anche perché sul posto di lavoro ci passiamo la maggior parte della nostra vita da adulto.”
L’adulto questo sconosciuto! Fatto di vissuto, di educazione, di famiglia, di rapporti, di relazioni, di convinzioni, fatto di “ferite”. Le stesse che o decide di leccarsi o decide di superare e curare. Le ferite che fanno parte – a volte – dei nostri filtri, di come ci siamo vissuti e di come abbiamo interpretato cose dette e non dette. Eppure – nella maggior parte dei casi – si tratta di attese “disattese”. Ci aspettavamo un “bravo, bravissimo o una pacca sulla spalla che non sono mai arrivati?” Ci aspettavamo che quella volta qualcuno si accorgesse di noi? Oppure un bacio, una carezza o chissà cos’altro? Eppure non è arrivato alcunché ☹
Le ferite. Quelle che ci portiamo dentro e che ogni volta che qualcuno o qualcosa ci tocca, ricomincia a sanguinare, seppur inconsapevolmente.
Eppure – quando nasce un bambino sa nel profondo del cuore che la ragione per cui si incarna è d’essere se stesso, pur vivendo molteplici esperienze – dice Lise BourBeau nel suo libro “Le 5 ferite e come guarirle”. Tutti venendo al mondo abbiamo la stessa missione, quella di vivere e delle esperienze fino ad accettarle e ad amarci attraverso di esse. Fintantoché una esperienza viene vissuta nella non-accettazione ovvero nel giudizio, nel senso di colpa, nella paura, nel rimpianto o in altre forme di non-accettazione, l’essere umano continua ad attrarre a sé circostanze e persone che gli faranno rivivere quella medesima esperienza. Alcuni non solo la rivivono più volte nella vita, ma devono imparare ad accettarla quando si ripresenterà, proprio per imparare, e trovare il coraggio e la volontà necessari per tra sformarsi.
Fatta questa premessa voglio raccontarvi di Marrythree, un personaggio che ama la verità, la giustizia e la lealtà ma non sa comportarsi, giudica, ha convinzioni limitanti e la cosa bella è che dice sempre “non per giudicare, ma…☹”
Inizia a parlare sempre con lo stesso intercalare, professa un grande senso di giustizia, ma poi cade nella trappola del pregiudizio. Cosa porta Marrythree alla mancanza di un comportamento utile da capo reparto e responsabile? Il desiderio di essere accettato. E cosa può aver determinato questa inconsapevolezza?
Potrebbe essere accolta la teoria della scrittrice Lise BourBeau, riportata ed esplicitata nel blog https://www.greenme.it/vivere/mente-emozioni/17948-cinque-ferite-emotive “Alcuni aspetti della nostra esistenza ci impediscono di vivere serenamente. La nostra mancanza di gioia di vivere o addirittura la nostra rassegnazione potrebbero essere legate a una o più ferite. Si parla di cinque ferite emotive fondamentali nate dal rifiuto, dall’abbandono, dal tradimento e dall’aver subito un’ingiustizia o un’umiliazione.
Le persone che hanno subito una o più di queste cinque ferite sviluppano delle maschere per non vederle e per non sentirle. Queste maschere impediscono di identificare le ferite emotive e di guarirle. Per riuscire a comprenderle e a risolverle è necessario andare in profondità, in un viaggio che può risultare doloroso ma che rappresenta l’unica via di guarigione.
Secondo le teorie di Lise Bourbeau, esperta di crescita personale, possiamo guarire le nostre ferite emotive soltanto andando alla loro ricerca e facendole riemergere, senza nasconderle. A parere dell’esperta ognuno di noi nasce con delle ferite emotive. Risolverle per riuscire ad essere felici fa parte del progetto della vita.”
Risolverle per vivere felici il lavoro deve diventare un obiettivo di vita e se poi, al proprio fianco c’è un coach e c’è Lumpolo che crede nel potere del coaching, perché no?
Chiaro è che tutto nasce con noi, cresce con noi, si fortifica con noi. Nel bene e nel male. Sin da bambini…
“Un bambino risponde grazie perchè ha sentito che è il tuo modo di replicare a una gentilezza, non perchè gli insegni a dirlo. Quindi il bambino sente e diventa l’adulto che replica
Un bambino si muove sicuro nello spazio quando è consapevole che tu non lo trattieni, ma che sei lì nel caso in cui lui abbia bisogno di te.
Un bambino quando si fa male piange molto di più se percepisce la tua paura. Un bambino è un essere pensante, pieno di dignità, di orgoglio, di desiderio di autonomia. Non sostituirti a lui. Ricorda che la sua implicita richiesta è: aiutami a fare da solo.
Quando un bambino cade correndo e tu gli avevi appena detto di muoversi piano su quel terreno scivoloso, ha comunque bisogno di essere abbracciato e rassicurato; punirlo è un gesto crudele. Purtroppo sono molte le madri che infieriscono in quei momenti. Avrai modo, più tardi, di spiegargli l’importanza del darti ascolto, soprattutto in situazioni che possono diventare pericolose. Lui capirà.
Un bambino non apre un libro perché riceve un’imposizione (quello è il modo più efficace per fargli detestare la letteratura), ma perchè è spinto dalla curiosità di capire cosa ci sia di tanto meraviglioso nell’oggetto che voi tenete sempre in mano con quell’aria soddisfatta.
Un bambino crede nelle fate se ci credi anche tu.
Un bambino ha fiducia nell’amore quando cresce in un esempio di amore, anche se la coppia con cui vive non è quella dei suoi genitori. L’ipocrisia dello stare insieme per i figli alleva esseri umani terrorizzati dai sentimenti.
Non sono nervosa, sei tu che mi rendi così, è una frase da non dire…
Un bambino sempre attivo è nella maggior parte dei casi un bambino pieno di energia che deve trovare uno sfogo, non è un paziente da curare con dei farmaci. Provate a portarlo il più possibile nella natura.
Un bambino troppo pulito non è un bambino felice. La terra, il fango, la sabbia, le pozzanghere, gli animali, la neve sono tutti elementi con cui lui vuole e deve entrare in contatto.
Un bambino che si veste da solo abbinando il rosso, l’azzurro e il giallo non è mal vestito, ma è un bambino che sceglie secondo i propri gusti.
Un bambino pone sempre tante domande. Ricorda che le tue parole sono davvero importanti. Meglio un questo non lo so se davvero non sai rispondere; quando ti arrampichi lui lo capisce e ti trova anche un po’ ridicola.
Inutile indossare un sorriso sul volto per celare la malinconia, il bambino percepisce il dolore. Lo legge attraverso la sua lente sensibile, nella luce velata dei tuoi occhi. Quando gli arrivano segnali contrastanti, resta confuso, spaventato. Spiegagli perché sei triste. Lui è dalla tua parte.
Un bambino merita sempre la verità, anche quando è difficile. Vale la pena trovare il modo giusto per raccontare con delicatezza quello che accade utilizzando un linguaggio che lui possa comprendere.
Quando la vita è complicata il bambino lo percepisce, e ha un gran bisogno di sentirsi dire che non è colpa sua.
Il bambino adora la confidenza, ma vuole una madre, non un’amica.
Un bambino è il più potente miracolo che possiamo ricevere in dono.
Onoriamolo con cura. GIORGIO GABER
Uno spunto per riflettere da dove nascono i pregiudizi, il desiderio di essere accettati, l’aggressività, il grande senso di giustizia e come tutto ciò possa allontanarci dalla felicità e dall’essere l’adulto che non riesce a risolvere le proprie ferite.
Nel prossimo articolo torneremo a parlare di Marryone, colui che non delega mai, che instancabile e indefesso si ostina a sacrificare il suo tempo in azienda e non riesce a condividere oneri e onori e riprenderemo la fattispecie di Marrythree, che nel tempo e con le sessioni di coaching è entrato in contatto con le sue ferite, ha scelto in piena consapevolezza di migliorare le sue relazioni e ora tutti riconoscono i suoi successi.
Scopriremo altri personaggi e altri comportamenti e altri successi arrivati da percorsi di coaching.
Al prossimo personaggio della rubrica SOS tata coach 😊
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- Condurti a riconoscere la tua unicità e il tuo valore;
- Condurti a migliorare le tue strategie di comunicazione e di azione;
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