Nella rubrica storie e racconti presentata nello scorso articolo ci siamo posti delle domande e ci siamo dati anche alcune risposte.
“Ma c’è una dignità immensa, nella gente, quando si portano addosso le proprie paure, senza barare, come medaglie della propria mediocrità (Alessandro Baricco)” tale da non voler ammettere l’evidenza e tale da non voler leggere i numerosi feedback che continuamente arrivano dall’esterno.
Questa premessa per raccontarvi la prima parte della storia del manager Lumpolo alle prese con il suo team e il suo direttore di stabilimento Lusoggio.
I due nomi sono di fantasia ma la storia è talmente vera che sulle sfide lanciate siamo ancora al lavoro.
Vengo contattata dalla azienda Lumpolo & Co per fare coaching e tentare di “risolvere un po’ di problematiche” all’interno del team.
Primo problema: “il coach non dà soluzioni, ma conduce alle soluzioni e alla consapevolezza e ne facilita i risultati” ☹
Arrivo, mi presento e leggo subito Lumpolo alle prese con il papà anziano, manager di vecchia generazione, che mi guarda scettico e sorride per convenzione e gentilezza.
Mi arriva come una ventata di garbino in pieno inverno il suo “non verbale”. “Chi sarà mai costei? Non credo negli strizzacervelli! Chissà cosa si sarà inventato mio figlio adesso”.
Entro nel suo ufficio e Lumpolo mi sintetizza subito la serie di problematiche, le scelte fatte, i suoi dubbi e mi presenta ai responsabili di settore
“Chissà cosa vuole questa? In che modo vorrà mettere a nudo la nostra parte peggiore, meglio non guardarla dritta negli occhi, stiamo zitti e ascoltiamo cosa ha da dirci”.
La situazione viene facilitata da Lumpolo che racconta, processa, e mi presenta.
“Lei è qui per aiutarmi a capire cosa vi porta a questi comportamenti (che per privacy non posso narrare) e soprattutto a fare formazione.
(altro punto a sfavore: il coach non fa formazione ma agevola processi e modalità)
Intanto che raccontano l’accaduto ascolto e leggo il loro non verbale, cerco di percepire le loro aree deboli, alcune mezze verità, e mi porto a casa una serie di importanti primi feedback.
Tutto questo accade in una torrida giornata di fine luglio!
Passa l’estate e le sessioni di coaching individuali cominciano a settembre dello scorso anno.
Da una serie di esercitazioni, questionari e domande vengono fuori numerosi indizi ma quello che ritenevo più importante di tutti e inaspettato è che il direttore di stabilimento Lusoggio viene percepita come una figura inesistente, non vista, non vissuta, non compresa.
Approfondisco dedicando maggior tempo a Lusoggio che – durante le sue sessioni di coaching – non fa altro che mettere in cattiva luce Lumpolo (che riponeva in lui massima fiducia e massimo affetto).
Cose che capitano starete pensando!
Oppure
Ecco come sempre più si è buoni e più si prendono fregature!
Oppure
Fidarsi è bene non fidarsi è meglio!
Lo avete pensato, vero?
Eppure esistono dei passaggi evidenti e delle letture che sono strumenti di ascolto importantissimi, ma poiché non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, il direttore continuava a passare per “ottimo” e stava lì “beato” a godere dei suoi privilegi.
Arriva Natale dello scorso anno e ormai le indagini mi avevano portato a comprendere l’inutilità di questa figura all’interno del team.
Non gli era riconosciuto il ruolo, non veniva vista la leadership, ma soprattutto si domandavano tutti quale fosse il suo “progetto” in azienda.
Provai a parlarne con Lumpolo, portandolo alla consapevolezza con i risultati della mia analisi ma, scoprii che non ci fu sordo peggiore!
Passarono pochi mesi e nei primi giorni di febbraio una telefonata:
“Tiziana lei non sa cosa è successo?!! Si abbattuta una meteora sulla azienda! Il direttore di stabilimento Lumpolo & Co ha dato le dimissioni e io sono sconvolto. Come faremo adesso?”
Potete immaginare le domande? Sono partite una serie di domande a raffica tali che lui stesso ha trovato le soluzioni oltre a calma e ragionevolezza.
“Cosa fa, nello specifico, Lusoggio che non possa essere fatto da altri?”
“Cosa puoi fare per trovare la sua expertise in altre risorse esterne?”
“Come puoi dividere i compiti tra le risorse interne che già hai in azienda e prendere fuori competenze specifiche”
Silenzio
Tutto sembra dissolversi come un fulmine a ciel sereno. Cominciano a dissolversi le nebbie e iniziano le sfide.
“Troviamo un altro direttore, che dici coach?”
E se la sfida fosse spostata ai responsabili di settore?
“Può essere una idea, ma..”
Ma da 1 a 10 quanto si sente sua questa azienda e quanto – invece – una figlia adottiva?
“Poco mia e molto adottiva”
Bene, questo cosa significa?
“Me lo dica lei coach cosa significa”
Cosa gli impedisce di darsi la risposta?
Provi a visualizzare la realtà senza ma e se e soprattutto senza deleghe, cosa vede?
“Vedo che con il suo affiancamento ce la possiamo fare anche senza direttore”
Volete sapere come si sta procedendo a sfida accolta?
Che ad oggi S.O.S tata coach sta portando i suoi risultati e la sfida è ancora in corso…
Nel prossimo capitolo della rubrica Sos tata coach vi presenterò i responsabili delle aree dell’azienda, ciascuno con le proprie ferite e la propria forza, la loro motivazione, le loro passioni.
Ma prima di concludere questa breve storia ringrazio chi la leggerà, chi la condividerà nelle emozioni, chi ha creduto e crede che il coaching sia un valore in più in azienda, che aiuti a portare risultati.
I risultati che danno “vero valore” all’azienda, al management e, soprattutto, alle persone.
Nella rubrica SOS TATA COACH racconto storie e aneddoti che ogni giorno vivo sul campo e che sarà in questa parte del blog dedicato al coaching.
Per non smettere mai di amare e di perdonare, di trovare soluzioni e di far venir fuori la parte migliore di noi.
Storie di ordinaria follia, storie fatte di amore e di perdono, storie di ferite e della parte meno consapevole di noi, della maggior parte degli uomini.
E come scriveva Hermann Hesse:
“La maggior parte degli uomini sono come una foglia secca,
che si libra e si rigira nell’aria e scende ondeggiando al suolo.
Ma, altri, pochi sono come stelle fisse,
che vanno per un loro corso preciso
e non c’è vento che li tocchi,
hanno in sé stessi la lor legge
e il loro cammino”
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